rinnovazione di un contratto nullo, senza corrispettivo, e imposta di registro


  

38, D.P.R. 26.04.1986, n. 131

 

La nullità o la annullabilità dell’atto non dispensa dall’obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta.

 

L’imposta assolta sull’atto nullo deve essere restituita per la parte eccedente la misura fissa, quando l’atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma.

 

 


 

art. 30, D.P.R. 26.04.1986, n. 131

 

La ratifica, la convalida e la conferma sono soggette all’imposta in misura fissa, salvo che l’atto non contenga l’enunciazione di atti non registrati ex art. 22.

 

E’ prevista la sottoposizione all’imposta propria dell’atto, qualora sia pattuito un corrispettivo.

 

 


 

CNN 26.07.2002, R. Q., Est. Luigi Bellini e Diego Podetti

 

Nel caso di rinnovazione di un contratto, senza corrispettivo.

 

La rinnovazione del negozio nullo consiste nel compimento ex novo del negozio: non si tratta cioè di una semplice reiterazione del negozio, ma di una fattispecie alla quale si accompagnano due vicende (i) quella "abrogativa" dell’atto nullo e (ii) quella costitutiva di una valida corrispondente regolamentazione di interessi, nella quale il "quid novi" è rappresentato solo ed esclusivamente dalla eliminazione della causa della nullità.

 

Nulla vieta che i contraenti, nella sfera della loro autonomia negoziale, trasfondano il contenuto dell’atto nullo in un altro contratto che sia pienamente valido per essere state rimosse le cause da cui era derivata la nullità del primo contratto (Cass. 31.05.1950, n. 1349), e che le parti possono anche stabilire che il nuovo negozio abbia efficacia dalla data del primo (Cass. n. 5.07.1957, n. 2635).

 

La Cassazione ha inoltre affermato che la rinnovazione importa la creazione di un nuovo negozio che essendo identico al primo come contenuto, è destinato, per l’incompatibilità derivante dalla contemporanea sussistenza di due fonti negoziali simili, a sostituirsi al primo in posizione ed in funzione autonoma (Cass. n. 30.03.1963, n. 799, in Foro it., 1963, I, n. 1757).

 

Quest’ultimo principio può essere utile per risolvere la questione se la rinnovazione comporti mero accertamento extragiudiziale della nullità del primo negozio (sulla cui ammissibilità potrebbero esservi dubbi) od invece volontà diretta alla "eliminazione", "risoluzione" del medesimo. La oggettiva incompatibilità, prescindendo da ogni pretesa tacita o presunta volontà abrogativa (che appare ancorata al vecchio dogma della volontà ed alla influenza della relativa tradizionale teoria), determina l’effetto sostitutivo della fonte negoziale.

 

Orbene, la tutela delle ragioni del Fisco, portata dall’art.38, non può condurre ad un’ulteriore tassazione oltre la sola imposta fissa, laddove il negozio voluto e posto in essere tra le parti, ovverosia il regolamento negoziale degli interessi, sia nella sostanza uno solo (considerata la incompatibilità, evidenziata dalla giurisprudenza della Suprema Corte, di due fonti negoziali, per le medesime vicende di rapporti giuridici tra gli stessi soggetti).

Diversamente si avrebbe una ingiustificata duplicazione di imposta proporzionale, in contrasto con il principio cui si uniforma la L.sull’imposta di registro, sul quale si fondano le disposizioni contenute negli artt. 30 e 40.